Santa Maria della Pomposa e la Confraternita di S. Sebastiano

Situata in posizione riservata e silenziosa, si colloca storicamente come una delle prime cappelle con giurisdizione parrocchiale edificate nei pressi delle antiche mura medievali. La sua denominazione deriva dall’originaria dipendenza dalla celebre e ricca abbazia di S. Maria di Pomposa nel delta padano, un tempo in diocesi di Comacchio, documentata a partire dal tardo secolo IX. La presenza della chiesa nella città di Modena come dipendenza pomposiana è attestata già in una bolla papale del 1153.

Soltanto nel 1716 il pio luogo compie un notevole salto di qualità artistico e religioso. Il duca Rinaldo I propone come nuovo prevosto il suo bibliotecario, Lodovico Antonio Muratori (1672-1750), storico ed erudito celebre in tutta Europa. Accettato con spirito di obbedienza il gravoso incarico, Muratori trova la chiesa e i locali annessi in un deplorevole stato di abbandono e di sporcizia. I restauri e la parziale riedificazione iniziano con celerità l’anno dopo (1717), assieme alla necessaria dotazione di suppellettili e arredi sacri, anche preziosi, indispensabili per il decoroso svolgimento delle funzioni. Nel 1774 la Pomposa figura tra le chiese soppresse in base al decreto ducale di contenimento delle parrocchie della città. Sconsacrata e ridotta a umile magazzino di legname, quadri, arredi e suppellettili furono alienati e dispersi verso destinazioni per lo più ignote.

Intanto la Confraternita di S. Sebastiano, già fondata a Modena nel 1501 in occasione di un’epidemia di peste, persa l’originaria sede, cercava un nuovo alloggio più ampio e capace, essendo provvisoriamente domiciliata nella chiesa di S. Francesco. Il tentativo di farsi assegnare dal duca Ercole III l’ex chiesa della Pomposa, finita in mano a privati che volevano ridurla ad abitazione civile, andò insperatamente a buon fine.  Dopo ingenti lavori di ripristino e restauro a totale carico del Sodalizio, il tempio fu solennemente riconsacrato nel 1814.

Ripristinata la fruizione da parte dei fedeli, nella chiesa fu dispiegato il notevole patrimonio artistico dei confratelli di S. Sebastiano, rimpinguandone la dotazione interna: la Beata Vergine in trono coi santi Sebastiano, Rocco e Geminiano, copia di Giovanni Boulanger (1606-1660) da un dipinto del Correggio (1525), già nel primitivo oratorio e oggi a Dresda; i sei quadri della Vita di S. Sebastiano, di Bernardino Cervi (1586-1630); la Trinità e le Anime del Purgatorio (o Pala del Suffragio, dal nome della Pia Unione titolare del-l’altare), sempre del Cervi; la Madonna della Scala con S. Luigi Gonzaga e S. Lucia di Biagio Magnanini (1776-1841); le bellissime scagliole che ornano i paliotti degli altari laterali (sec. XVII). Da aggiungere, l’insieme degli apparati e argenterie, tra cui spicca il bellissimo Ostensorio, in argento parzialmente dorato, cesellato nel 1859 dall’orafo modenese Tommaso Rinaldi per commissione dei confratelli.

Sempre ospitata all’interno dell’Aedes Muratoriana, rinnovatasi dagli anni Trenta del ‘900 grazie al trasferimento della Deputazione di Storia Patria e alla creazione del Museo Muratoriano, la Venerabile Confraternita di S. Sebastiano, tuttora viva e operante a livello religioso e culturale nonostante comprensibili difficoltà di ordine economico, non ha mai mancato di assicurare al complesso pomposiano una cura zelante costantemente rinnovatasi nel tempo.

 Marzio Ardovini